Why writing is not (only) transcribing? Writing codes in contact: steps towards multigraphic literacy practices
Riassunto: Scopo di questo articolo è riconsiderare, passandole in rassegna, le risposte date dagli studi semiolinguistici e antropologici dell’ultimo secolo alla domanda (apparentemente scontata o banale): “cos’è la scrittura?”. Gli approcci che verranno analizzati criticamente sono tutti cara...
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Format: | Article |
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Università di Roma Tor Vergata
2014-12-01
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Series: | Testo & Senso |
Online Access: | https://testoesenso.it/index.php/testoesenso/article/view/289 |
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doaj-79ac71413b33417494a493c3170106652021-07-19T17:52:08ZengUniversità di Roma Tor VergataTesto & Senso2036-22932014-12-0115Why writing is not (only) transcribing? Writing codes in contact: steps towards multigraphic literacy practicesAntonio Perri Riassunto: Scopo di questo articolo è riconsiderare, passandole in rassegna, le risposte date dagli studi semiolinguistici e antropologici dell’ultimo secolo alla domanda (apparentemente scontata o banale): “cos’è la scrittura?”. Gli approcci che verranno analizzati criticamente sono tutti caratterizzati da una visione “ideologica” di cosa significhi scrivere, per lo più condizionata da criteri e pratiche riconducibili all’Occidente industrializzato. Cercherò tuttavia di dimostrare come le diverse posizioni finiscano in definitiva per portare alla luce alcune caratteristiche semiotiche fondamentali che, a mio avviso, sono le sole in grado di spiegare la natura delle concrete pratiche scrittorie, nel descrivere le quali assistiamo (in Occidente come altrove) a ineludibili fenomeni di mescolamento e contatto fra norme e canoni visivo-grafici di solito considerati assolutamente distinti gli uni dagli altri. Nell’ultima parte del testo sosterrò l’idea che promuovere usi più dinamici e ibridi di scrittura e grafismo nelle scuole e al di fuori di esse significa accettare gli inevitabili fenomeni di interazione fra singoli sistemi notazionali e altri tipi di simboli grafici: è necessario, cioè, ammettere che a livello dell’espressione grafica diviene praticamente impossibile escludere del tutto o in parte dall’analisi l’occorrenza di unità visive non codificate linguisticamente ma, spesso, in possesso di caratteri discreti e natura distintiva. La scrittura insomma ha sempre beneficiato dalla “contiguità mediale” e delle possibilità sincretiche offerte dalla giustapposizione con qualunque altra forma di diagramma e immagine (o disegno); del resto l’antropologa Ruth Finnegan ha giustamente fatto notare come nella scrittura siano sempre presenti molteplici dimensioni visive, a dispetto del fatto che alcune indiscriminate pratiche di melting pot grafico contemporaneo rendano spesso poco attraente o praticabile un approccio genuinamente antropologico e interculturale ai diversi processi di alfabetizzazione. https://testoesenso.it/index.php/testoesenso/article/view/289 |
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2014-12-01 |
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Riassunto:
Scopo di questo articolo è riconsiderare, passandole in rassegna, le risposte date dagli studi semiolinguistici e antropologici dell’ultimo secolo alla domanda (apparentemente scontata o banale): “cos’è la scrittura?”. Gli approcci che verranno analizzati criticamente sono tutti caratterizzati da una visione “ideologica” di cosa significhi scrivere, per lo più condizionata da criteri e pratiche riconducibili all’Occidente industrializzato. Cercherò tuttavia di dimostrare come le diverse posizioni finiscano in definitiva per portare alla luce alcune caratteristiche semiotiche fondamentali che, a mio avviso, sono le sole in grado di spiegare la natura delle concrete pratiche scrittorie, nel descrivere le quali assistiamo (in Occidente come altrove) a ineludibili fenomeni di mescolamento e contatto fra norme e canoni visivo-grafici di solito considerati assolutamente distinti gli uni dagli altri.
Nell’ultima parte del testo sosterrò l’idea che promuovere usi più dinamici e ibridi di scrittura e grafismo nelle scuole e al di fuori di esse significa accettare gli inevitabili fenomeni di interazione fra singoli sistemi notazionali e altri tipi di simboli grafici: è necessario, cioè, ammettere che a livello dell’espressione grafica diviene praticamente impossibile escludere del tutto o in parte dall’analisi l’occorrenza di unità visive non codificate linguisticamente ma, spesso, in possesso di caratteri discreti e natura distintiva. La scrittura insomma ha sempre beneficiato dalla “contiguità mediale” e delle possibilità sincretiche offerte dalla giustapposizione con qualunque altra forma di diagramma e immagine (o disegno); del resto l’antropologa Ruth Finnegan ha giustamente fatto notare come nella scrittura siano sempre presenti molteplici dimensioni visive, a dispetto del fatto che alcune indiscriminate pratiche di melting pot grafico contemporaneo rendano spesso poco attraente o praticabile un approccio genuinamente antropologico e interculturale ai diversi processi di alfabetizzazione.
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