Summary: | “Il tocco pianistico: premesse storiche e sviluppi scientifici” si pone l’obiettivo di provare la
politimbricità del pianoforte. A tal fine, ho indagato la relazione tra il gesto, la meccanica del
pianoforte e il suono, problema sfiorato da alcuni maestri del Novecento, ma mai approfondito e
sviscerato per ovvie ragioni riguardanti la mancanza di una tecnologia idonea e competenze difficili
da trovare in una medesima persona. Per quest’ultima ragione mi sono avvalsa della collaborazione
sia del Laboratorio di Anatomia Funzionale dell'Apparato Locomotore del Dipartimento di
Morfologia Umana dell’Università di Milano, dove lavorano esperti delle più moderne tecnologie
idonee alla registrazione del movimento, sia dell’ingegnere Alberto Amendola, docente a contratto
di Acustica musicale presso l’Università di Parma per ciò che concerne l’analisi del suono e i rilievi
acustici.
La tesi si articola in due parti organizzate in quattro capitoli. Nel primo, La didattica
pianistica nel primo trentennio del Novecento: il tocco e il timbro come parole chiave, dopo aver
tracciato un quadro generale riguardante i concetti di ‘tocco’ e ‘timbro’ incontrati nei metodi e
trattati del Sette/Ottocento, già affrontati nella tesi di laurea, procedo ad analizzare alcuni dei lavori
più rappresentativi scritti tra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento (The Leschetizky
Method. A Guide to Fine and Correct Piano Playing di Malwine Brée, Über die physiologischen
Fehler und die Umgestaltung der Klaviertechnik di Albert Maria Steinhausen, Die Grundlagen der
Klaviertechnik di Rudolph Maria Breithaupt e The Phisiological Mechanics of Piano Technique di
Otto Ortmann). Tali studi presentano una parte dedicata alle diverse modalità di produzione sonora
e, quasi tutti, giungono ad una medesima conclusione: pur nella sua ricchezza, il pianoforte è uno
strumento monotimbrico, dove la differenza tra i suoni è data dall’intensità e dall’agogica.
Al fine di provare la politimbricità del pianoforte, il mio percorso di studi si è scontrato sia
con la meccanica del pianoforte sia con l’acustica musicale. Ho fatto precedere quindi l’indagine
scientifica, che confluisce nel capitolo IV, da una sezione in cui presento l’evoluzione della
meccanica del pianoforte fino a giungere alla descrizione della meccanica moderna (capitolo II, Il
Pianoforte: meccanica e modalità di produzione del suono), e da un’altra in cui affronto i
fondamenti di acustica musicale, al fine di fornire al lettore i mezzi basilari per cimentarsi con la
parte scientifica (capitolo III, Cenni di acustica musicale).
Il capitolo IV è il resoconto organico e sistematico delle sperimentazioni svolte durante il dottorato
presso il laboratorio di Anatomia funzionale dell’apparato locomotore dell’Università di Milano. La
presentazione ripercorre necessariamente le tappe della ricerca considerata la novità assoluta
dell’oggetto indagato. All’illustrazione dei dati di ogni fase segue sempre la discussione e
l’interpretazione dei risultati per garantire la validità dell’esperimento. L’interesse della ricerca è
stato condiviso oltre che dal dipartimento di Anatomia, anche dalla casa costruttrice di pianoforti
Bechstein che ha costruito una meccanica speciale, e dalla ditta di pianoforti Angelo Fabbrini, che
ha messo a disposizione un mezza coda Bechstein per effettuare i rilievi. Il capitolo IV, che
rappresenta, dunque, il cuore della presente dissertazione dottorale, dimostra che il pianoforte è uno
strumento politimbrico: mettendo in relazione il gesto pianistico, la reazione della meccanica e il
suono è risultato che al movimento del martello, ripetibilmente diverso a seconda del tocco
pianistico, corrisponde una reazione acustica che varia ripetibilmente in maniera differente a
seconda del tocco.
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