Summary: | Il mercato dei servizi di cloud computing ha registrato negli ultimi anni uno tasso di crescita esponenziale, che la recente emergenza sanitaria mondiale finirà per rafforzare ulteriormente. Il successo di questo complesso e variegato “ecosistema” di tecnologie e servizi risiede in una combinazione “sinergica” di fattori, nonché dalla diffusione sempre più capillare di smartphone e tablet, che ha portato a nuove modalità di utilizzo dei servizi informatici. Le piattaforme cloud svolgono oggi una funzione “abilitante” rispetto a una varietà praticamente infinita di servizi, i quali non potrebbero esistere (o quasi) senza le risorse computazionali, applicative e di storage messe a disposizione da fornitori di cloud computing. Dal punto di vista giuridico, tuttavia, il cloud computing lascia sul tappeto enormi interrogativi ancora in gran parte irrisolti. Come proteggere i diritti degli interessati quando i loro dati possono essere spostati, spacchettati, ricomposti e replicati in qualsiasi nodo della rete globale con un semplice click? Come regolare un caleidoscopio di servizi così diversi tra loro e ripartire obblighi e responsabilità tra i vari soggetti che compongono la “filiera” cloud ? Per molti versi, l’approccio seguito da Stati Uniti e Unione europea non potrebbe essere più diverso, ma entrambi scontano la pretesa di voler regolare in modo unilaterale un fenomeno – il cloud computing e, più in generale, Internet – nel quale “The data are shared according to the logic of the system, and not according to venerable historical lines drawn on a map of the world”.
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