Summary: | Questo breve saggio fa parte della mia esplorazione, ancora in corso, sullo spazio del western statunitense. Tratta in particolare di quelli che definirei gli “altrove del postwestern” (postwestern elseweheres), spazi letterali, metaforici o simbolici che rappresentano il tropo della reinvenzione, della fuga o del rifugio nello spazio selvaggio del West così come recepito e potenziato dalla letteratura contemporanea. La mia ipotesi è radicata nella mappatura letteraria di Franco Moretti secondo cui, “senza un certo tipo di spazio, ottenere un certo tipo di storia è semplicemente impossibile” (100) ed è intrinsecamente debitrice della interpretazione di John McClure sulla perdita di “spazi privi di ordine” e “regioni romantiche,” ribattezzati “altrove neocoloniali,” che devono essere costantemente “re-incantati” (3; 6). In questo senso il mio progetto è in qualche modo un atto di geocritica, il settore in evoluzione dell’ecocritica portato avanti da Bertrand Westphal (2011), Robert T. Talley, Jr (2011; 2016) e altri, che si impegnano a estendere il concetto di topoanalisi di Gaston Bachelard (Westphal 2011, ix).
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