Ad praesumptionem o ad plenam fidem? Il valore probatorio della testimonianza del complice nel diritto canonico medievale

Nel processo romano-canonico i rei confessi non potevano essere interro-gati intorno ai complici, tranne che nei crimini excepti. In questi casi, tut-tavia, i canonisti del XII e XIII secolo non furono concordi sul valore proba-torio da attribuire alle loro dichiarazioni. Per alcuni giuristi esse p...

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Bibliographic Details
Main Author: Giovanni Chiodi
Format: Article
Language:English
Published: Università degli Studi di Milano 2017-01-01
Series:Italian Review of Legal History
Subjects:
Online Access:https://riviste.unimi.it/index.php/irlh/article/view/12799
Description
Summary:Nel processo romano-canonico i rei confessi non potevano essere interro-gati intorno ai complici, tranne che nei crimini excepti. In questi casi, tut-tavia, i canonisti del XII e XIII secolo non furono concordi sul valore proba-torio da attribuire alle loro dichiarazioni. Per alcuni giuristi esse potevano costituire piena prova, per altri invece solo una presunzione. In ogni caso, dal XIII secolo la dottrina raggiunse un punto d’incontro nel ritenere che le dichiarazioni degli imputati per avere effetto dovessero essere corroborate da ulteriori riscontri. Questi princìpi trovarono conferma anche nella pro-cedura inquisitoria contro gli eretici. Il presente saggio, attraverso un’indagine sui manoscritti, ricostruisce le tappe del dibattito, distinguendo l’apporto delle scuole anglo-normanna, parigina e bolognese.
ISSN:2464-8914