Summary: | L’articolo si propone di offrire una una ricognizione della storiografia recente sul tema della città bizantina nel passaggio dalla tarda antichità all’alto medioevo. Il tradizionale dibattito sul destino delle città nei cosiddetti Dark Ages ha sempre avuto quale punto di partenza l’idea di illustrare e dimostrare la continuità o, al contrario, la discontinuità della città nella sua forma classica, ovvero della polis greco-romana, durante il medioevo. Tale polemica storiografica è sintetizzata nelle opere di due dei suoi iniziatori, A. Kazdhan e G. Ostrogorsky ed è proseguita nei lavori di C.Foss. Alcuni studiosi (come Liebeschuetz, Saradi e Trombley) sembrano aver sviluppato una reazione a Foss di stampo prettamente conservatore, sforzandosi di adattare la polemica continuità-declino al nuovo panorama archeologico. Altri (come Spieser e anche Ward-Perkins e Zanini) hanno deliberatamente scelto di limitare cronologicamente il proprio approccio analitico senza oltrepassare la simbolica soglia del VII secolo. Al contrario, Brandes, Walmsey e, parzialmente, Whittow hanno seguito le orme di Foss, proponendo una serie di studi regionali, esaustivi sotto il profilo archeologico, che avanzano soluzioni peculiari al problema dei mutamenti subiti dalle città bizantine durante il VII e l’VIII secolo. Da ultimo, Wickham e Haldon si sono mossi lungo linee di natura principalmente economica, riconoscendo il contributo strutturale da esse fornito all’evoluzione delle città entro il contesto sociale e statale tardoantico. Ciò ha permesso loro di delineare, al contempo, le distinzioni funzionali tra diversi tipi d’insediamento e le loro mutevoli trasformazioni entro il lento processo di cambiamento della società urbana tardoantica, implicando necessariamente una serie di alterazioni del panorama strutturale e degli assetti urbani.
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