Summary: | La retorica ha subito innumerevoli cambiamenti che hanno portato la classica “arte del parlare” a un sistematico sfaldamento, dapprima a favore della sola elocutio, poi della lexis poetica, infine della metafora. A risentire maggiormente del nuovo assetto di “riduzione tropologica” è la metonimia, bistrattata e declassata a tropo di second’ordine in confronto alla metafora, in particolare a partire dall’ultimo ventennio del XX secolo, dopo un momento di relativo successo. Negli ultimi quindici anni la comunità scientifica, grazie al cognitivismo e alle neuroscienze, ha iniziato a identificare nella metonimia un ruolo primario nell’ecosistema mentale e addirittura una supremazia a livello bio-evolutivo e neuro-fisiologico, a detrimento della metafora, fenomeno secondario e più slegato dalle sfere esperienziali dell’habitat quotidiano. Il funzionamento del cervello è programmato per utilizzare metonimie sia grazie alla capacità del ragionamento inferenziale, sia grazie al fatto che emozioni e sintomi fisiologici si linkano in una incessante operazione metonimica, in particolare dove gli stimoli condizionati predicono e sussumono le emozioni incondizionate, di fatto facilitando un autocontrollo pulsionale.
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