Summary: | Il saggio si propone di esaminare la poetica landolfiana alla confluenza tra l’antropologia di Lévy-Bruhl, di cui accoglie la “mentalità primitiva”, la compartecipazione delle essenze e il “prelogico”, e l’organizzazione dei processi psichici inconsci descritti da Freud. Attraverso l’idea della “mentalità primitiva”, Landolfi, solitamente reticente nei confronti della ‘talking cure’, sembra riaccostarsi alla psicoanalisi, compresa come pratica della regressione che presuppone l’abbandono della posizione di soggetto cosciente per ritornare verso gli elementi primitivi che forniscono alla psiche la sua struttura. In particolare, è nella sua scelta di materializzare l’indicibile che Landolfi si colloca alla confluenza tra l’approccio animistico-antropologico e quello psicanalitico: alla luce dell’interdipendenza tra realtà fisica e realtà spirituale e dell’allontanamento dell’uomo dall’animalità di cui partecipa, qualunque determinazione ‘altra’, estranea a chi la scopre (l’indicibile, le pulsioni, le fobie, le ossessioni, le angosce, ecc.) diventa, nell’opera landolfiana, una realtà tangibile che prende il nome e la forma di una “bestia”.
|